Franco Castrezzati

Chi muore alle soglie dei 100 anni, come Franco Castrezzati – storico segretario generale della FIM e poi della CISL di Brescia – vuol dire che ha avuto una salute di ferro. Lui, di ferro, ha avuto anche il carattere. Con due segni identitari che andavano molto d’accordo tra loro: la combattività e la modestia.

E’ stato partigiano, ha patito il carcere, non ha perso la fede nella libertà e nella democrazia partecipata. Con la stessa grinta, è stato sindacalista in terra lombarda quando le fabbriche erano caserme, luogo di sofferenza e di alienazione della dignità umana. Ha guidato lotte formidabili di operai ai quali ha dato il senso della realizzabilità dei sogni, dando gambe a quel “sindacato nuovo” ideato dai padri fondatori ma che fino ad allora poco camminava.

C’è voluta tutta la capacità persuasiva di Pierre Carniti per farlo desistere dal continuare in solitaria la lotta dei bresciani per un rinnovo del contratto di lavoro dei metalmeccanici nel 1966, del quale non gli piaceva la mediazione conclusiva. Normale dialettica in tempo di grandi battaglie sindacali, ma si volevano un bene matto e la riconciliazione avvenne senza parole, solo con un abbraccio.

Non si è mai allontanato dalla sua Brescia. E’ stato anche segretario nazionale Fim per un breve periodo nei primi anni Sessanta, ma senza sradicarsi dal territorio. Sindacalista di popolo, è stato molto amato da operai e attivisti. L’affetto e la stima se li è conquistati e in seguito conservati anche per la modestia con cui ha vissuto tutte le vicende sindacali, sociali e politiche che lo hanno visto come protagonista. Poteva riempirsi il petto di medaglie per quanto bene aveva fatto per i più deboli.

Invece, non se n’è fatto mai un vanto essere diventato famoso, suo malgrado, in tutta l’Italia, una mattina di maggio, il 28 del 1974. Non a caso era lui a fare il discorso principale nella grande Piazza della Loggia, quando una mano fascista fece esplodere una bomba messa in un cestino della carta, facendo 8 morti e 120 feriti. Non era soltanto il sindacalista più autorevole della città, ma anche l’uomo più apprezzato perché le sue parole non erano retorica d’occasione ma pesavano sempre di sapienza sociale e di capacità di visione futura.

Chi l’ha conosciuto può dichiararsi fortunato. Chi non lo ha conosciuto farebbe bene a raccogliere la sua memoria. L’uno e l’altro potranno trovare sempre nel suo ricordo la forza di contribuire a realizzare un mondo di fratellanza e di uguaglianza tra le persone e tra i popoli.

La Fondazione Pierre Carniti lo ricorda con affetto e gratitudine e si unisce al cordoglio dei familiari e di tutta la comunità dei metalmeccanici e cislina.

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